L'Opinione

Siracusa. La “malavita organizzata” nella politica, il sindaco Garozzo e Zappulla-Princiotta

Siracusa la Greca diventa ogni tanto mafiosa. Il caso della mafia che entra nella politica siracusana non è una novità; ma, di fatto, stavolta ha sconvolto la tranquillità apparente della politica, dove la pentola di acqua sporca bolliva di nascosto e nessuno sapeva come, dove e perché. Già nel passato si sono registrati fatti molto più gravi di quelle denunciate dal sindaco di Siracusa Giancarlo Garozzo. Si tratta nella buona sostanza di una battaglia tra i gruppi politici di Garozzo e di Zappulla-Princiotta.

La meteora mafiosa che negli Anni Ottanta e Novanta attraversò la vita economica, sociale e politica siracusana, esplose per le intimidazioni a uomini delle istituzioni con ordigni e sparatorie, personaggi satelliti alla mafia ammazzati, in una guerra che aveva alle radici gli interessi della politica degli appalti e servizi in concessioni, degli stipendi facili, fino a sfociare in una guerra di mafia vera e propria durata almeno vent’anni, coinvolgendo la società civile nel suo vivere quotidiano. Una sequenza di follia e di sangue. Le bombe furono fatte esplodere nelle segreterie di deputati, consiglieri comunali ammazzati, sindaci feriti a colpi di arma da fuoco e così via, mentre la politica litigava per le poltrone del potere. Quaranta ordigni fatti esplodere contro attività imprenditoriali e negozi in appena cinquanta giorni cambiarono le abitudini dei siracusani che non uscivano più di casa la sera.

I fatti di oggi ci portano ai ricordi di quella cronaca di tanta violenza registrata, compreso l’attacco alla magistratura con auto esplose all’interno del palazzo di Giustizia di piazza della Repubblica e sotto l’abitazione di un giudice istruttore e il tentativo di ammazzare un magistrato della Procura e due avvocati penalisti. La politica finanziava i clan e i conseguenti sviluppi sono rimasti in maggior parte nascosti, e solo una piccola traccia venne fuori con processi e condanne.

Lavori in concessioni e servizi pubblici erano affidati alla mafia e senza tanti preamboli tutto era lecito, per scoprire solo dopo le magagne dentro le istituzioni e le ruberie a iosa, per finire in piccola parte alla sbarra.

Oggi la realtà è ben diversa. Si tratta, in pratica, di fatti marginali che si vogliono sfruttare per la lotta politica in atto tra i clan politici avversi pensando alla prossima campagna elettorale per il rinnovo della carica di sindaco e dell’intero consiglio comunale. Si vuole rivolgere l’attenzione verso l’infiltrazione mafiosa nella politica e nelle istituzioni, ma non si spiega il perché di tanta cattiveria e malvagità attorno a fatti che alla fine sono di lieve entità. Infatti, Giancarlo Garozzo nella sua difesa non ha mai usato la parola “mafia”, ma si è limitato a parlare di “malavita organizzata”, che nel gergo giudiziario è tutt’altra cosa.

Il rapporto esistente del caso Siracusa tra la mafia e il governo delle istituzioni raggiunge una soglia minima, dal punto di vista sociologico. E nemmeno sono venuti fuori nomi che riportano a personaggi che hanno colpito nella sfera politica Garozzo, come la presa delle distanze dalla sua Giunta da parte del Pd siracusano. Alla fine, tutto appare come un modo per creare confusione tra le carte in tavola. In questo marasma l’unico nemico registrato appare essere Simona Princiotta, rea di aver scoperto i fantasmi al Vermexio e di aver intrapreso una difesa dopo una serie di attacchi, compreso la mozione d’accusa all’interno del Pd poi tatticamente ritirata; ma anche lei fa politica. E, ironia della sorte, quello che all’interno del Pd volevano fare alla Princiotta si è formalizzato per Garozzo; come in un romanzo d’altri tempi lo stregone muore ingerendo il suo stesso veleno.

Insiste il tema della sicurezza dei cittadini. I morti ammazzati di matrice mafiosa sono diminuiti, spesso con vittime del tutto innocenti; la minaccia alla tranquillità e alla sicurezza nelle nostre città è proiettata verso l’esterno, verso i “diversi”, e in particolare gli immigrati, gli omossessuali, gli zingari.

Insiste poi il peso crescente che il settore privato assume nel campo dei servizi pubblici locali. In particolare il prolificare di società e cooperative a prevalente o a totale partecipazione pubblica, pone nuove questioni per governare la città; come la gestione nell’erogazione di servizi fondamentali per i cittadini, secondo logiche insieme pubbliche e private, rendendo il governo locale un centro di potere che fa gola a tanti, così come alla malavita organizzata “lavata” ma in connubio con la politica.

La dilagante disaffezione verso la politica non riguarda i sindaci e gli amministratori locali. Contrariamente agli altri uomini politici ed ai partiti, gli amministratori locali sono infatti percepiti come soggetti non troppo distanti dalla nostra realtà. Pertanto, allontanare l’attenzione dal governo locale, significa disinteressarsi in generale del rapporto tra cittadini e politica, già particolarmente compromesso.

La recente esplosione dell’epidemia del fenomeno d’infiltrazione mafiosa nei Comuni, nel senso di una sua espansione territoriale, ci spinge ad interrogarci sull’esistenza di schemi mafiosi di attacco dei Comuni, reiterati nel tempo e nello spazio.

Ma sulla vicenda Siracusa è impossibile che la magistratura antimafia non intervenga con forza e presto al fine di chiarire di cosa si tratta. Una cosa è la Commissione Antimafia, regionale o nazionale, che rimane un fatto meramente politico, altra cosa è la magistratura inquirente della Direzione Distrettuale Antimafia, dove insistono già tanti fascicoli in sofferenza che riguardano il territorio siracusano.

Concetto Alota

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