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Siracusa. Petrolchimico: diminuisce la puzza grazie all’impegno di Procura, ambientalisti e industrie

L’intervento – di Concetto Alota –

Si registra da qualche tempo l’assenza nell’aria della famigerata puzza nauseabonda, se non in minima parte, proveniente dalle raffinerie del petrolchimico siracusano che ha inquinato l’aria per decenni nel triangolo battezzato “della morte”. E questo, secondo alcuni tecnici del settore, per gli interventi di ammodernamento degli impianti delle raffinerie che hanno consentito di abbattere la puzza e i miasmi. Rimane critica la questione che riguarda parte della depurazione delle acque che rimane sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Siracusa.

Al raggiungimento di questo obiettivo, che sembrava ormai destinato a durare fino alla morte del petrolchimico, hanno avuto un ruolo decisivo la battaglia continua contro l’inquinamento portata avanti dagli ambientalisti con decisione e organizzati in gruppi e movimenti, all’impegno della industrie, oltre alla stampa libera. Per gli interventi della stampa “amica”, invece, le industrie hanno da sempre solo l’imbarazzo della scelta.

Nel febbraio del 2019, la Procura di Siracusa, dopo un’indagine a tappeto tra le industrie del petrolchimico siracusano, stabilì un programma con una serie di prescrizioni alle quali ogni azienda sotto tiro doveva ottemperare entro il termine di 90 giorni; un voluminoso fascicolo d’inchiesta con 23 persone indagate nell’ambito dell’operazione denominata “No Fly” in relazione all’emissione nell’aria dei fumi provenienti dalle aziende del polo petrolchimico. Quattro le aziende coinvolte: Versalis, Sasol Italy, Priolo Servizi e Ias. I reati contestati, commessi tra il 2013 ed il 2016, vanno dall’inquinamento ambientale a delitti colposi contro l’ambiente.


L’inserimento dei delitti contro l’ambiente nel codice penale – legge n. 68 del 2015: inquinamento ambientale; disastro ambientale; traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività; impedimento del controllo omessa bonifica; ispezione di fondali marini. In particolare, il nuovo articolo 452-bis del codice penale punisce l’inquinamento ambientale sanzionando con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Fabio Scavone, per la prima volta aveva accertato la natura inquinante e molesta delle emissioni degli stabilimenti che furono posti sotto sequestro.

La Sasol Italy, in una nota diffusa a suo tempo, “confida di poter provare la completa rispondenza degli impianti alle prescrizioni, non soltanto allo stato attuale, come già dimostrato, ma anche negli anni oggetto dell’accertamento”.

Chiusa l’inchiesta sull’emissione nell’aria dei fumi provenienti dalle aziende del polo petrolchimico di Siracusa. La procura del capoluogo aretuseo ha notificato l’avviso di conclusioni indagini a 23 persone indagate nell’ambito dell’operazione “No Fly” alle quattro le aziende coinvolte: Versalis, Sasol Italy, Priolo Servizi e Ias. I reati contestati, commessi tra il 2013 ed il 2016, vanno dall’inquinamento ambientale a delitti colposi contro l’ambiente.

Fin dal 1949 con l’arrivo della raffineria Rasiom di Angelo Moratti nella città di Augusta e il conseguente insediamento di altri stabilimenti nell’area del petrolchimico siracusano, di cui fanno parte i comuni di Augusta, Priolo e Melilli, i cittadini residenti sono costretti a convivere con l’inquinamento causato dalle attività industriali che hanno provocato morte e dolore con oltre 300 decessi e centinaia di feriti a causa di infortuni sul lavoro, oltre ai tanti malati cronici e migliaia di morti a causa dello sviluppo dei tumori, oltre a tante altre malattie derivate dall’inquinamento.

La zona industriale siracusana ha garantito per decenni occupazione a tutto il territorio, registrando nel contempo una serie di drammatiche conseguenze ambientalie sanitarie prodotte dalle raffinerie nel corso di più di 70anni. Le attività del polo industriale nel siracusano da cui prende il nome l’omonimo Sito di Interesse Nazionale (Sin Priolo), è una delle aree d’Italia in cui la quantità e pericolosità degli inquinanti ha richiesto interventi di bonifica che solo in piccola parte è stata attuata dalle stesse industrie; tutto questo ha comportato una progressiva contaminazione dell’ambiente con livelli estremamente elevati di inquinanti tossici, persistenti e bioaccumulabili.

Insistono ancora oggi situazioni che riguardano l’esposizione all’amianto, le morti tra gli ex dipendenti dell’impianto Clorosoda, uno degli impianti dismessi dopo l’inchiesta della Procura di Siracusa denominata Mare Rosso, oltre agli sversamenti in mare di sostanze inquinanti, come idrocarburi, mercurio a tanti altri metalli velenosi, oltre al micidiale percolato proveniente dalle discariche nate senza ferree regole e d’ispezione, sia nella realizzazione, sia nei controlli periodici che inquina fortemente le falde acquifere.

Rimangono in piedi gli obiettivi principi per la buona qualità dell’aria e dell’ambiente, volti a evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e mantenere la qualità dell’aria nell’ambiente laddove è gentile, e migliorarla negli altri casi. La guardia in tal senso non deve mai essere allentata.

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