AttualitàL'OpinionePolitica

Il doppio fallimento del Pd Siracusano tra confusione, conservazione e cambiamento

Oggi il PD siracusano appare come una chiesa antica abbandonata, senza quella rivoluzione con una data certa sul da farsi per realizzare quel programma per la rinascita di Siracusa ambizioso e strombazzato, e su cosa dire ai cittadini-elettori dopo il fallimento acclarato. Il discorso potrebbe essere ripetitivo, vuoto, di una sinistra “annacquata” tra democristiani e avventurieri multicolori in cerca di nuova identità e pietà politica, tale e quale a quello che è successo alla destra berlusconiana quando dava tutto per scontato. La distanza fra conservazione e cambiamento, fra tutela dell’esistente e l’allargamento degli orizzonti programmatici, per una città che è immobile, fallita sui temi economici e sociali su tutti i fronti, sono oggi un punto politico importante, intimamente collegato ai temi dell’alterazione dei fatti che questa squadra di governo locale ormai non riesce a far emergere. Eppure, nell’attuale situazione politica, questo tratto “pseudo-progressista” del PD siracusano poteva essere un’occasione ormai impossibile da ripetere nel futuro visto l’aria che tira.

Accanto ai fallimenti legati alla complessità dei temi di un progetto ben scritto, ma ancora lontano dalla sua messa in opera a causa di un’evidente incapacità a mediare fra interessi pubblici e privati, è possibile rintracciare le vere responsabilità politiche che riguardano le scelte di campo della politica dello stesso PD nei confronti di alleati non “classificati”, anche in consiglio comunale così come all’interno del partito, dove si tenta di far implodere la tenuta di una maggioranza che vive ormai tra le nebbie dell’azione giudiziaria e il ricatto del singolo consigliere.

Il vuoto per una condizione a parole di sinistra, che prevede una grande sottolineatura dei temi di apertura democratica legati allo sviluppo del territorio, ma che ormai attira l’attenzione della magistratura inquirente anche per un piccolo appalto, non ha futuro per il giudizio della pubblica opinione e per la politica dei grandi progetti. È solo l’ultimo degli esempi fra i molti possibili che servono per capire la politica dell’esecutivo a direzione del Pd, per poi arrivare al fallimento d’ogni tratto del rapporto con la cittadinanza in una città abbandonata a se stessa.

Si tratta di una maniera, magari discutibile, per cercare di capire fra una posizione perfettamente neutrale, dentro la quale ogni pacchetto azionario del partito non pone la proposta collettiva mentre la pace interna che è fondamentale per capire come sarà il domani. La politica fatta in questo modo è davvero sconfortevole. Si sceglie di essere neutrale, contro la libera espressione dei cittadini, senza dichiararlo mai esplicitamente e anzi affermando spesso il contrario. Si scopre il fianco alle esigenze della lobby degli “affari” dentro lo stesso partito, con la “concertazione” che domani nessuno, in assenza di posizioni formali, potrà mai contestare. Così facendo si giustifica il peggior ricorso populista di facciata, o quello dell’immutabilità, di una superiorità morale che è oggi difficilissima da provare e condurre in porto senza affondare davanti all’imboccatura.

Quello che disturba più d’ogni altra cosa è l’abbandono della città al proprio destino, oltre all’aspetto puerile del linguaggio mediatico tra le parti in causa, fondato sul venticello della calunnia e sulla speranza che il “nemico” trovasse la sconfitta per un ”scalino giudiziario mal celato”, magari con la complicità di certa stampa, anziché sul nobile campo di battaglia politico, con l’onestà e la serietà, con il dialogo, nel raffronto delle idee della buona politica e non dei numeri a tutti i costi. A volte la serietà è sembrata l’opzione sicura, ma non appartenere a uomini di buon senso, dichiarati sostenitore dei diritti del popolo; fare un passo indietro non è stato facile per qualcuno (ora non è più possibile), dove si sono registrati proclami sotto banco nel destino proteso invece verso la vendetta.

Il tema dell’unità ritrovata svolto a denti stretti all’interno di un PD che appare più un tirare avanti, un campare per sopravvivere in attesa di nuove speranzose opportunità per colpire l’amico-nemico, che una nuova fase politica. Occorre trovare un accordo oltre gli steccati, forte e capace di poggiare le fondamenta, lo zoccolo duro per una politica di rilancio di tutte le anime del partito alla pari (ormai un sogno) senza lasciare indietro le esigenze della cittadinanza vessata e abbandonata da mille balzelli, tasse e confusione istituzionale. Una soluzione tanto sperata da tutti, ma soprattutto verso la gente che aspetta il rilancio della politica-amministrativa, quella buona e forte, e non quella della disfatta per gli interessi sotto banco di pochi attori in un film che non interessa più sapere la fine perché appare scontata. Una specie di conto alla rovescia per capire e vedere fino a quando e dove vuole arrivare la parte più forte della cordata; ma stavolta, ancora una volta, non ci saranno né vinti né vincitori. La difficoltà per l’intero partito democratico siracusano sarà come spiegare alla gente il ritardo dell’azione politica per un territorio che è ridotto al lumicino, alla miseria e alla fame. Una terra che paga gli errori del passato per il connubio tra la politica e le lobby degli affari a più livelli. Se poi consideriamo che all’esterno insistono pericoli inaspettati e le tante trappole piazzate da chi voleva “catturare” la preda e non si ricorda più il luogo dove li aveva nascosti, allora il “cerchio magico” dell’autoannientamento è già arrivato.

Concetto Alota

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *