L'Opinione

Piccione: “Io, collaboratore di Giustizia: una scelta giusta”

Riceviamo e pubblichiamo.

Egregio direttore,

con riferimento agli articoli pubblicati dal vostro giornale sul fenomeno dei nuovi pentiti e delle nuove indagini della DDA di Catania, voglio chiarire il ruolo che il sottoscritto, rag. Rosario Piccione, ha svolto all’interno della malavita organizzata siracusana; quindi chiedo cortesemente solo ai fini della verità delle cose, la pubblicazione della presente per far capire alla pubblica opinione come stanno effettivamente i tanti fatti storici che nel tempo sono stati raccontati dalla cronaca.

Sono entrato a far parte del clan Bottaro-Attanasio senza quasi che mi accorgessi dello sbaglio che stavo per fare (a Siracusa non siamo a Palermo non si fa il battezzo con il sangue);com’è ben noto, io avevo un’agenzia a Siracusa per il disbrigo di pratiche denominata, “Tuttofare”, sita in via Sebastiano Olivieri; nel 1997 mi fu presentato da un amico in comune Michele Midolo (detto “Michiluni”) il quale, dopo la conoscenza, tutti i giorni mi veniva a trovare  presso la mia agenzia; luogo dove tutti i componenti di quel clan fecero quasi la propria sede operativa. Ma il primo problema nacque quando iniziai una relazione sentimentale, ma con tanto amore sincero, con una ragazza, allora convivente di un esponente della mafia siracusana, la quale signora diventava mia moglie 14 luglio 2001; da quell’unione nacque un bambino. Per questa situazione il diretto interessato voleva uccidermi; ma s’inserì nel discorso Alessio Attanasio, che prese subito le mie difese, e dicendogli all’interlocutore che il “Ragioniere” non si tocca e che se mi dovesse accadere qualcosa gli avrebbe ammazzato tutta la famiglia.

Da quel momento diventai il pupillo di Alessio Attanasio, il suo delfino, e iniziai a commettere parecchi reati per conto del suo clan denominato appunto, “Bottaro-Attanasio”.

Da quel momento in poi Alessio Attanasio, per una serie di vicissitudini, di pubblico dominio, diventò, nei fatti pratici, il numero uno della malavita locale, o mafia che dir si voglia, e quindi io ero galvanizzato da questo “personaggio magico”, addirittura dal piacere di vivere insieme in una villetta al mare nella zona della Fanusa insieme con le rispettive mogli, e insieme con Angelo Iacono, quindi, allora tutti buoni e sinceri amici. Poi, naturalmente, i soldi facili guadagnati, semplicemente estorti a quei poveri commercianti terrorizzati dall’attività del clan, fece scattare nella mia anima e nel mio cuore un profondo rimorso, fatto che oggi non nego a dirlo e che mi vergogno anche solo fatto di aver conosciuto quell’ambiente tanto maligno e cattivo.

Il mio pentimento nacque anche, in verità e sincerità, dal fatto che dopo arrestato potevo godere di una serie di agevolazioni che lo Stato prospetta a chi vuole collaborare con la Giustizia, e quindi io non essendo stato mai in carcere e con il profumo di una imminente libertà e la speranza di una sistemazione in una nuova località segreta, e quindi a nuova vita libera e gioiosa, ho preso la palla a balzo e sono diventato un collaboratore della Giustizia. Infatti, dopo due mesi di carcere a Siracusa chiamai i magistrati della Procura Distrettuale Antimafia di Catania, competente per territorio (nella specifica il dottor De Masellis), e prospettati la decisa e ferma volontà di iniziare a collaborare. E così solo dopo quattro mesi di detenzione preventiva fui scarcerato; la cosa che a questo punto tengo a sottolineare, è che quando collabori con la Giustizia e segui un comportamento corretto, lo Stato non ti abbandona, anzi. Oggi sono passati tredici anni dalla mia collaborazione e le istituzioni dello Stato mi sono state sempre vicine, ora come allora. Ma, molto amareggiato, oggi leggo sulla stampa che ancora a Siracusa si pratica la legge del “pizzo”, di gente che secondo me avrebbero dovuto capire dopo tanta carcerazione dove sta il male e il bene, ossia, il Davide Pincio e il Maurizio Bianchini, così come tanti altri ancora, hanno tentato di estorcere la somma di 800 euro di acconto a un panificatore della zona alta della città; ma ora sanno di rischiare anche dieci anni di carcere. Ecco perché invito tutti i giovani di non schierarsi più con gente dei clan malavitosi, perché il crimine non paga, e non vale la pena invischiarsi in una vita fatta di paure e di stenti, e privati di un bene universale e bello come la libertà, di non spacciare più le sostanze stupefacenti per far arricchire i trafficanti della droga di mezzo mondo perché, oltre che avvelenare tanti altri giovani in tenera età, alimentano le casse della malavita; anche perché la mancanza di lavoro è una cosa, inventarlo, crearlo, è un’altra cosa tanto bella e che ti soddisfa, che ti rende libero dalla schiavitù della mafia, così come la verità, quella incontrovertibile.

Frequentare le forze dell’ordine, i tutori della legge, le istituzioni dello Stato libero, organizzato e democratico, può aiutarti anche a trovare un buon lavoro, uno qualsiasi, pur di renderti libero dai tentacoli della malavita, mafia, ‘ndrangheta, camorra. E soprattutto conviene sempre essere collaborativi con le forze di polizia e lo Stato in generale; così si ha la fortuna, specie a Siracusa, di avere la Squadra Mobile della Questura, così come di tutte le altre forze di polizia, una delle più efficienti d’Italia, con uomini sempre pronti a darti una mano, nel rispetto delle leggi s’intende.

Infine, ripeto e voglio sottolinearlo, immettere nel mercato le sostanze stupefacenti che colpiscono il cuore della società, i giovani e gli adulti, a volte anziani, è davvero un crimine con quella“merda bianca”, che ammazza tanta gente e che potrebbe a sua volta colpire anche i tuoi familiari, i tuoi amici, i tuoi parenti. Non voglio prolungarmi di più, ma spero e vi ringrazio anticipatamente per lo spazio che mi vorrete dedicare, con la cortese possibile altra opportunità d’intervenire per chiarire altre circostanze volte a fa luce e chiarezza nei confronti dell’intera comunità siracusana, la quale ha il diritto di conoscere la verità delle cose.

Con i più distinti saluti.

Il collaboratore di giustizia

Rag. Rosario Piccione

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